Nella relazione posso rivelarmi.
Tu mi sveli e mi rimandi continuamente a me stessa.
Se vengo messa in scacco, se mi sento in crisi, mossa nel profondo da
qualcosa che ancora non so bene cosa sia, il problema non sei tu.
Non punto il mio dito su di te. Accusarti del mio presunto malessere non
porta a nulla di buono, non conduce ad alcun luogo, solo al pantano
dell’illusione e dell’identificazione.
Se io mi fisso sul fatto che tu sei il problema, che la mia sofferenza
ha origine in te, non posso che sprofondare nella mia stessa melma.
Grazie all’attrito che sento, col tempo di cui ho bisogno, con le
modalità in cui riesco, dinamicamente volgo il mio sguardo ancora più in
profondità nel mio mondo interiore ed ascolto il mio corpo.
Non combatto più all'esterno ma mi soffermo, in solitudine, ad indagare la mia vita interiore.
Mi faccio concava, metto a tacere la mente e lascio che il mio ventre si
faccia conchiglia e mi porti il suono autentico delle profondità che
ancora ho bisogno di incontrare e di accompagnare alla luce.
Questi abissi con le loro danze ed i loro canti fanno parte del viaggio, dell’incontro.
Voglio poter stare in questo luogo di mezzo in cui sgranare il rosario
delle possibilità, in cui escludo ciò che riconosco ormai come non
opportuno per me e per la mia evoluzione, ed in cui abbraccio la vastità
delle ombre e delle luci e quella meraviglia che si genera quando si
possono avvicinare contemplandone il tesoro, lasciando che sia.
Nessun commento:
Posta un commento